MUSEO VIRTUALE ASTRATTISMO E ARCHITETTURA RAZIONALISTA COMO

CASA AD APPARTAMENTI RUSTICI

Giuseppe Terragni (con Lingeri)

Opera

Nel 1932, in una lettera indirizzata a Pier Maria Bardi, Giuseppe Terragni scrive di voler aprire uno studio di progettazione a Milano con l’amico e collaboratore Pietro Lingeri (Zevi, 84; Ciucci, Triennale di Milano, Centro studi G. Terragni, 434).
Lingeri aveva conosciuto Terragni presso la Galleria Il Milione, in via Brera 21 a Milano, fondata nel 1930 da Gino, Peppino e Livio Ghiringhelli, e per la quale aveva disegnato arredi: qui arrivarono le prime commesse per la serie di abitazioni costruite a Milano da Lingeri, che coinvolse l’amico Terragni, come giovane architetto che aveva realizzato a Como una costruzione interessante, il Novocomum.
La progettazione comune prevedeva la realizzazione delle case Rustici, Ghiringhelli e Toninello, avviate a cantiere nel 1933, a cui si aggiunsero successivamente casa Rustici-Comolli e casa Lavezzari.
Mario Fosso e Enrico Mantero, nella loro pubblicazione riportano uno scritto di Luciano Patetta, apparso su Lotus (n°20, settembre 1978): “Le cinque case realizzate a Milano ci appaiono come una ricerca unitaria, non solo perché – nate tutte in due anni – vi ricorrono gli stessi elementi architettonici, ma perché affrontano complessivamente la casistica della morfologia indicata dal piano regolatore, in un’interpretazione, più o meno letterale, delle possibilità concesse dal regolamento edilizio …” (Fosso, Mantero, 106) a sottolineare il lavoro svolto dai progettisti in termini di nuova ricerca e rispetto del Regolamento Edilizio vincolante.
Casa Rustici, commissionata da Vittorio Rustici, apparteneva a quel gruppo di case che via via si stavano sviluppando nella Milano speculativa, come case d’investimento, anche se questa si distingueva per il suo carattere di casa di lusso, con appartamenti ampi e rivestimenti di pregio, e un attico in copertura (prerogativa di tutte le case progettate da Terragni e Lingeri) di proprietà Rustici (Ciucci, Triennale di Milano, Centro studi G. Terragni, 434; Coppa, 84).
Daniele Vitale, come citato da Giorgio Ciucci nella monografia redatta sull’architetto Terragni, definisce la casa: “La più bella, ma anche quella che si discosta dai modi correnti dell’edilizia cittadina, la sola che configuri un’alternativa. L’alternativa riguarda tanto il modo di occupare il lotto come il rapporto con la strada (Vitale 1985)” (Ciucci, Triennale di Milano, Centro studi G. Terragni, 435).
L’edificio si sviluppava lungo l’asse di Corso Sempione, al margine del parco, su un lotto trapezoidale, di difficile impostazione secondo regole geometriche.
Corso Sempione, asse stradale a supporto dell’urbanizzazione degli anni ’20 e ’30, sarà sede di diversi interventi da parte di progettisti razionalisti, con, oltre alla Casa Rustici, quali il progetto “alternativo” di Pagano, il progetto “Milano verde”, le proposte del piano “A.R.” e la costruzione del QT8 (Rassegna 11, 53).
Sulla base di esempi milanesi, quali la Cà Brutta di Muzio, in località Moscova, Lingeri e Terragni propongono una soluzione planimetrica che divide il corpo di fabbrica generando un spazio interno,
portato in facciata, sia a rincorrere il concetto della ‘trasparenza’ espresso da Terragni, sia a sottolineare l’idea di astrattismo espressa da Lingeri, frequentatore della Galleria Il Milione (Ciucci, Triennale di Milano, Centro studi G. Terragni, 435).
Come la Casa del Fascio e l’Asilo Sant’Elia, anche Casa Rustici è un edificio a corte, che ricrea lo spazio interno unendo i due blocchi laterali al centro e in facciata, tramite passerelle orizzontali parallele a Corso Sempione (Novati, Pezzola, 176).
L’edificio diviso nei due blocchi sfrutta al meglio la gestione dell’affaccio degli appartamenti; inoltre, al corpo rivolto verso Nord, viene aggiunta un’appendice volumetrica a ‘torre’ che consente al soggiorno di ottenere un triplice affaccio definita da Novati e Pezzola come ‘torre campanaria’ affiancata per analogia ad una basilica a tre navate (Novati, Pezzola, 176). Il progetto, anch’esso causa di critica e polemica, venne sostenuto dagli architetti contemporanei quali ad esempio Ponti, ma venne respinto per ben nove volte dalla Commissione Edilizia, che vedeva nel progetto un pericoloso principio di anarchia tipologica e formale. Solo nel 1936 il progetto venne approvato e iniziarono i lavori in cantiere (Ciucci, Triennale di Milano, Centro studi G. Terragni, 436).
L’edificio, alto 25 metri, racchiude al suo interno diverse soluzioni abitative, costituite da appartamenti che vanno dai tre ai sette locali a seconda dei piani; al piano seminterrato troviamo i locali di servizio, le rimesse ed alcuni uffici; nel piano rialzato altri uffici e gli alloggi del custode; gli accessi padronali e quelli di servizio sono racchiusi entro un atrio comune nel quale sono anche poste le due rampe di scale, gli ascensori e i montacarichi indipendenti per ciascun blocco. Il piano tipo è composto da due gruppi di tre alloggi per blocco, collegati in facciata da un passerella che svolge la funzione di brise soleil. All’ultimo piano invece vi è la villa monofamiliare del committente Rustici accessoriata di spazi verdi e specchi d’acqua (che doveva essere la sola ad essere progettata nel lotto), suddivisa in zona giorno e zona notte rispetto alla suddivisione dei blocchi stessi e collegata tramite una passerella aerea (Ciucci, Triennale di Milano, Centro studi G. Terragni, 436; Marcianò, 116).
La simmetria e l’equilibrio della facciata ricordano il gioco di pieni e vuoti, di luci e ombre, operate all’interno del progetto della Casa del Fascio, tendendo, a differenza di Como, a sottolineare la struttura orizzontale dell’edificio, simbolo di velocità rispetto all’andamento parallelo di Corso Sempione (Novati, Pezzola, 176-177); la Marcianò, nella sua pubblicazione descrive così la casa: “Bucature, piani in sovrapposizione, squilibri cercati e trattenuti, dissimmetrie, effetti luministici smentiscono la trama cartesiana, riassorbendola nella solida liricità degli spazi e dei volumi scissi” (Marcianò, 116).
Secondo Ciucci: “Il ricorso al doppio rivestimento di marmo e di intonaco color arancio chiaro evidenzia sui prospetti l’immagine del reticolo strutturale e sottolinea il gioco di contrasto tra la trama ortogonale in leggero rilievo e le specchiature di riempimento: una dimostrazione, secondo alcuni, della ‘fase evolutiva dell’architettura razionale’ come superamento ‘del troppo facile giuoco dalle grandi pareti nude’ (Ponti 1936). In essa probabilmente Terragni dovette proporre di riversare quell’idea di policromia già espressa nelle vivaci
tinteggiature del Novocomum, proponendo contemporaneamente un vivace campionario polimaterico che non temeva di confrontare l’estrema modernità del ferro e del vetrocemento con la classicità del marmo e della pietra naturale: ‘soluzione conveniente’ – afferma nel suo saggio sui marmi (Mantero 1969, p. 151) – ‘del problema delle grandi, nude pareti che la rigorosa esegesi della moderna architettura pretende nelle nuove costruzioni” (Ciucci, Triennale di Milano, Centro studi G. Terragni, 436; tema riportato anche in Rassegna 11, 54).
L’abitazione, secondo quando scritto dalla Marcianò, “É un’architettura non di facciata, il cui fascino arioso gioca tra il dentro domestico (progetta anche molti degli arredi), privato, e il fuori urbano, sociale” (Marcianò, 116).

Scritto redatto sulla base di:

BAGLIONE, C., SUSANI, E. (a cura di), Pietro Lingeri 1894-1968, con scritti di Avon Annalisa et. al., Milano: Electa, 2004
CIUCCI, Giorgio (a cura di), Giuseppe Terragni: opera completa, (con Triennale di Milano, Centro studi G. Terragni, Centro internazionale di studi di architettura Andrea Palladio), Milano: Electa, 1996
COPPA, Alessandra, TERRAGNI, Attilio per l’Archivio Terragni; fotografie di ROSSELLI Paolo, Giuseppe Terragni, Pero: 24 ore cultura, 2013 (pubblicato anche in inglese con lo stesso titolo)
FOSSO, Mario, MANTERO, Enrico, Giuseppe Terragni 1904-1943, Como: Cesare Nani, 1982
MARCIANÒ, Ada Francesca, Giuseppe Terragni opera completa 1925-1943, Roma: Officina, 1987
NOVATI, Alberto, PEZZOLA, Aurelio, Il mutevole permanere dell’antico: Giuseppe Terragni e gli architetti del Razionalismo Comasco, con testi di TORRICELLI Angelo et al., cura dei testi e bibliografia MONTORFANO Giancarlo, prefazione di PONTIGGIA Elena, Boves: Araba Fenice, 2012
ZEVI, Bruno (a cura di), Giuseppe Terragni, Bologna: Zanichelli, 1980
Pietro Lingeri, 1894-1968: la figura e l’opera: atti della Giornata di studio: Triennale di Milano, lunedì 28 novembre 1994, Milano: Arti grafiche G.M.C., 2005
Rassegna, IV, n°11, settembre 1982

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