MUSEO VIRTUALE ASTRATTISMO E ARCHITETTURA RAZIONALISTA COMO

EDIFICIO AD APPARTAMENTI “NOVOCOMUM”

Giuseppe Terragni

Opera

Il progetto dell’edificio ad appartamenti della società “Novocomum”, primo edificio costruito dall’architetto, rappresenta appieno lo spirito rivoluzionario del giovane ventitreenne Terragni.
L’incarico affidatogli da Ezio Peduzzi (amministratore delegato della Società immobiliare novocomum di Olgiate Comasco – Ciucci, Triennale di Milano, Centro studi G. Terragni, 317), prevedeva il completamento di un edificio eclettico, su un lotto di 63 x 25 m (Rassegna 11, 16), affiancato al progetto preesistente dell’architetto Caranchini, con lo scopo di dare unità alla struttura e definire l’impianto a corte: la ricerca del tipo edilizio e l’accettazione dell’impianto esistente dimostra lo studio di Terragni rispetto a temi classici precedentemente affrontati e lo aiutano a definire l’impianto a “C” in accordo alle preesistenze ma con spirito nuovo.
Novati e Pezzola in merito scrivono: “La società immobiliare Novocomum aveva iniziato a costruire un isolato residenziale che raccordasse la città murata e il Borgo Vico. Saranno appartamenti borghesi, intensivi, ma signorili, capaci di mediare “tra le case popolari a meridione del borgo e le ricche ville prospicienti a settentrione”. Sarà il completamento di questo edificio che vedrà successivamente impegnato Terragni nel progetto del suo Novocomum” (Novati, Pezzola, 156).
Il gesto rivoluzionario, esplosivo, e compiuto illegalmente, di presentare un progetto su carta di impronta classicista con la ripresa dell’architettura preesistente ma di realizzarne un altro completamente opposto di impronta avanguardista, avvia un lungo periodo di critica e scandalo. Sotto le impalcature si materializza l’edificio che venne definito “Il Transatlantico”, per l’insolita forma navale (Coppa, 38).
Anche nel Film Architettura rimossa, Gli architetti e Mussolini, di Elda Guidinetti e Andres Pfaeffli (Ventura Film TSI arte, 1993) il Novocomum e la vicenda che lo aveva visto protagonista degli scandali, veniva così descritta: Terragni “Aveva consegnato un progetto fasullo in stile ottocentesco, una casa di appartamenti analoga a quella già esistente di impianto tradizionale. Tolti i ponteggi scoppiò lo scandalo, Terragni aveva spogliato l’edificio delle decorazioni, lo aveva trasformato in un incastro di volumi insoliti e gli aveva dato colore” (Novati, Pezzola, 157).
La Commissione edilizia, sentendosi scavalcata dalla sicurezza di un giovane architetto, decise di aprire un’inchiesta per stabilire se il Novocomum poteva rappresentare “un elemento di deturpazione” (Zevi, 24; Coppa, 38) con l’eventuale ipotesi di fare dei lavori per il suo miglioramento: la Commissione d’ornato, composta dagli architetti Piero Portaluppi, Giovanni Greppi e dal comm. Luigi Perrone, che aveva il compito di giudicare l’opera, “assolve” il progetto (Rassegna 11, 17).
La polemica raggiunge anche le più importanti riviste di architettura dell’epoca: “La Casa Bella” diretta da Giuseppe Pagano, “Natura”, “La Technique des Travaux” (dura verso l’ottusa politica di retroguardia italiana) e “Domus” diretta da Giò Ponti, difesero l’architettura di Terragni in quanto primo esempio di architettura razionale (Coppa, 38; Marcianò, 33).
E sarà lo stesso Pagano a descrivere il Novocomum come immagine della nuova architettura razionale, come la casa che desta scalpore ma che diventerà di lì a poco il modello della casa del domani per tutti (Ciucci, Triennale di Milano, Centro studi G. Terragni, 318).
Anche Giò Ponti, nell’articolo Una modernissima costruzione a Como (Domus, aprile 1930), definisce l’edificio come “[…] edificio” che “si dimostra un’ottima machine à habiter, in esso che pur è una comune casa d’affitto, si vive bene, si respira bene, si assorbono meglio i raggi solari, si godono panorami inusitatamente ampi, si prova la sensazione inebriante e quasi irreale di una comunione con la natura alla quale le case comuni ci hanno da tempo disavvezzati” (Fosso, Mantero, 82).
Diverse sono le soluzioni che si sono susseguite nello studio volumetrico dell’edificio: una delle prime ipotesi di cui si conosce un’assonometria dall’alto, definita su base eclettica e di cui resta traccia nella simmetria e nello zoccolo, è caratterizzata dalla presenza di un corpo semicilindrico (in riferimento all’architettura di Mendelssohn) che interrompe l’orizzontalità del parallelepipedo, e si estende sulla terrazza per sottolinearne la tridimensionalità; una seconda soluzione ritrovata tra i suoi disegni invece toglie l’elemento cilindrico per innestarlo agli angoli scavati del parallelepipedo di 63,50 m (Zevi, 26).
L’edificio si presenta come un grande parallelepipedo ad elevata densità tipico dell’edilizia intensiva (200 locali, 8 alloggi per piano – Rassegna 11, 16): la soluzione adottata nella realizzazione del progetto avviene tramite l’accostamento di cinque parallelepipedi che vengono lavorati, scavati, sottratti sovrapponendosi e incastrandosi; un corpo principale è parallelo al lago, altri due sono posto ortogonalmente andando ad unirsi all’edificio esistente di Caranchini e altri due minori sono disposti all’interno della corte. Gli angoli del parallelepipedo che affaccia sul lago sono scavati definendo un grande cilindro che all’ultimo piano scompare per ridefinire la sagoma dell’edificio, con riferimento ad angoli di palazzi rinascimentali (Coppa, 39; Ciucci, Triennale di Milano, Centro studi G. Terragni, 319).
“Nel Novocomum la composizione dell’angolo è insieme continuità del classico e sintonia con la nuova espressione dell’architettura costruttivista, che definisce una monumentalità, a riferimento quasi di due colonne classiche incastrate negli angoli dell’edificio” (Novati, Pezzola, 158).
Il cilindro è vetrato di sezione ovoidale. La disposizione del Novocomum riprende schemi consueti che vengono accentuati ed esasperati. Le intersezioni volumetriche sono sottolineate dalla diverse cromie (Coppa, 39). Guido Canella definisce l’opera di Terragni come “la propensione a una visione titanica dell’architettura, attraverso sospensioni e sbalzi ciclopici ” (Novati, Pezzola, 158).
Luigi Cavadini, in Architettura Razionalista nel territorio comasco (2004) scrive: “L’edificio si manifesta con un “peso” non indifferente; il disegno dei balconi e l’annullamento degli angoli, ottenuto mediante la sovrapposizione di volumi cilindrici e cubici, consentono di alleggerire la struttura. Questa l’immediata novità che è espressione, scrive Kenneth Frampton, del “caratteristico interesse del razionalismo per lo slittamento espressivo delle masse”. Tale novità è ben leggibile nella soluzione degli angoli dell’edificio dove, invece del classico rinforzo statico, si presenta (per l’altezza di quattro piani) una successione di cilindrico in vetro sopra i quali sporge la massa definita, ma aerea, del quinto piano. Rapportandosi alle più avanzate ricerche europee contemporanee, Terragni propone un nuovo concetto di “volume” che gli consente di intaccare gli spigoli, per sottolineare con assoluta libertà di senso della profondità e dello spazio. Da
rilevare il gioco architettonico tra pieni e vuoti (e tra i vuoti sono da annoverare le trasparenze vetrate), tra superfici piatte e superfici curve; da non trascurare, d’altra parte, dal punto di vista tecnico-storico, la ricerca dei materiali e le novità tecnologiche così come l’uso felice dei colori, in funzione architettonica. Terragni usa il noisette, per le superfici verticali della facciata, l’arancio per gli sbalzi e le rientranze, l’azzurro per le linee parallele delle balaustre in ferro” (Cavadini, 44-45).
L’intenso gioco di luce e ombra è sottolineato dai colori che, come diversi gradi di luminosità vengono applicati alle superfici: il noisette, per la facciata principale verso il lago, il giallo per quella rivolta nella corte (a esaltare la luminosità), l’arancione in tutti gli sbalzi e rientranze e nei telai dei serramenti, (nelle zone di ombre) e l’azzurro per le balaustre dei balconi (Ciucci, Triennale di Milano, Centro studi G. Terragni, 320-321).
L’ingresso, sull’asse della facciata parallela al lago, avviene da viale Sinigaglia con una gradinata che porta al piano rialzato e alla portineria laterale.
Dalla disposizione degli spazi in copertura emerge una forte ricerca di rapporto diretto con il contesto: la trabeazione in copertura sulla facciata parallela al lago tende a conquistare con la massima profondità prospettica il lago e la città, così come la visione a 180° del paesaggio dagli angoli arrotondati; il tema della visione sopraelevata della città ritornerà in altri progetti come per il Quartiere Cortesella.
Cavadini scrive: “La facciata del Novocomum ha perso i colori originari già negli anni cinquanta, con l’applicazione di tesserine di marmo sulle facciate. Il vincolo posto nel novembre 1986 dalla Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici sull’edificio, che ha invitato al recupero dei colori dell’edificio, ha riportato ai colori originali gli spazi comuni e ha contribuito a ricondurre la facciata a una situazione molto simile a quella iniziale” (Cavadini, 45).
Oggi l’edificio, a parte la facciata rivestita con tesserine in marmo, dopo il recente restauro è stato riportata ai colori originali (Coppa, 39).
All’interno del Novocomum uffici e appartamenti definiscono gli spazi: anche gli arredi sono interamente disegnati e progettati dall’architetto Terragni, come gli arredi per la Federazione Agricoltori del 1929, oggi smantellati (tra gli arredi vi sono Posti di lavoro, Poltrone, Porta riviste, Appendiabiti porta ombrelli a stelo e Appendiabiti porta ombrelli a parete) e gli arredi della biblioteca dell’appartamento Cazzamalli, probabilmente non realizzati (Zevi, 36).
Queste soluzioni di arredo rappresentano il primo e vero esempio di design europeo razionalista con l’esaltazione dei materiali quali vetro, cemento, ferro e della produzione in serie come necessità (Marcianò, 30).

Scritto redatto sulla base di:

CAVADINI, Luigi, Architettura Razionalista nel territorio comasco, Provincia di Como, 2004
CIUCCI, Giorgio (a cura di), Giuseppe Terragni: opera completa, (con Triennale di Milano, Centro studi G. Terragni, Centro internazionale di studi di architettura Andrea Palladio), Milano: Electa, 1996
FOSSO, Mario, MANTERO, Enrico, Giuseppe Terragni 1904-1943, Como: Cesare Nani, 1982
MARCIANÒ, Ada Francesca, Giuseppe Terragni opera completa 1925-1943, Roma: Officina, 1987
NOVATI, Alberto, PEZZOLA, Aurelio, Il mutevole permanere dell’antico: Giuseppe Terragni e gli architetti del Razionalismo Comasco, con testi di TORRICELLI Angelo et al., cura dei testi e bibliografia MONTORFANO Giancarlo, prefazione di PONTIGGIA Elena, Boves: Araba Fenice, 2012
ZEVI, Bruno (a cura di), Giuseppe Terragni, Bologna: Zanichelli, 1980

SOSTIENI MAARC

Sostieni i progetti di MADE in MAARC che promuovono, in Italia e all’estero, l’immagine di Como come una delle più importanti capitali dell’architettura moderna.
MADE in MAARC realizza le proprie iniziative grazie al lavoro volontario di soci e amici, e ai contributi e donazioni di chi ne condivide gli obiettivi.
Le donazioni sono essenziali per tutte le attività di promozione, anche a livello internazionale, del patrimonio d’arte astratta e architettura razionalista del territorio comasco MADE in MAARC ha bisogno del tuo aiuto, fai una donazione ora!
Prendi in considerazione anche l’opzione di contribuire mensilmente: aiuterai a sostenere il lavoro di MADE in MAARC per tutto l’anno.

Bonifico Bancario intestato a Associazione culturale MADE in MAARC
22100 Como – Viale Rosselli, 12
C.F.: 03463750137
Iban: IT03 K084 3010 9000 00000 262602
Cassa Rurale e Artigiana di Cantù
Filiale di Como, piazza Grimoldi, 8