Opera
Pietro Maria Bardi, giornalista, critico d’arte e gallerista italiano, gestiva a Milano alla fine degli anni Trenta una galleria, dapprima al numero 16 di via Brera 16 e poi al numero 21 di fronte all’Accademia di Belle Arti di Brera, in un palazzo distrutto dai bombardamenti della guerra nel 1943. Nel 1929 Bardi invitò a collaborare alle iniziative della galleria, legata alle attività della stessa Accademia, Edoardo Persico, che all’epoca si trovava a Torino.
Nel 1930 Bardi divenne direttore della Galleria dell’Arte a Roma e si trasferì nella capitale. La galleria milanese venne presa in gestione dai fratelli Gino e Peppino Ghiringhelli e da Persico (Gino, Peppino e Livio) e a Daniele Roma, che diedero vita alla Galleria del Milione, che divenne il centro propulsore della ricerca astrattista italiana.
Il progetto della nuova galleria, di cui ben presto Persico divenne il direttore, venne affidato a Lingeri, che nel giro di pochi mesi elabora e realizza l’arredo e la sistemazione interna dei locali, inaugurati nel 1930 con una mostra di Ottone Rosai e con una rassegna di libri dei “nuovi scrittori” (il progetto di sistemazione della galleria verrà presentato nel 1931 alla II Mostra del MIAR).
“La disposizione degli ambienti studiata da Lingeri evidenzia con chiarezza questa doppia funzione: su un piccolo atrio si aprono i due ingressi alla galleria e alla libreria, mentre la parete vetrata sul fondo consente la visione delle opere d’arte esposte nella prima delle tre salette di cui si compone la galleria. Due pilastri ‘luminosi’ in vetro opalino e ottone nichelato compensano l’asimmetria dell’ingresso e svolgono la funzione di supporti per le scritte che annunciano le mostre. Già utilizzato da Giuseppe Terragni nell’atrio del Novocomum e riproposto da Gianni Mantero nella sala della biancheria della Sartoria alla Triennale di Monza, aperta nel maggio dello stesso anno, il motivo del parallelepipedo ‘luminoso’ verrà adottato da Lingeri in altri arredamenti. I due ambienti della libreria del Milione sono divisi da un doppio pettine di scaffali, sorta di ‘torri di libri’, che consentono di aumentare la superficie per l’esposizione dei volumi, senza occupare tutte le pareti disponibili, e di integrare, con eleganza, le vetrine espositive. Con accorgimenti semplici, mezzi espressivi ridotti, un linguaggio aggiornato, ma con misura, e la predominanza di un materiale tradizionale, il legno, Lingeri crea un sfondo ‘silenzioso’per l’arte. Il tono ‘equilibrato e calmo’, per usare le parole di Richard Rothschild (Rothschild 1931, p. 1174), scelto da Lingeri e dai fratelli Ghiringhelli risulta ancora più evidente se confrontato con l’ ‘ipermodernià’ del bar Craja, in vicolo Santa Margherita, progettato da Luciano Baldessari, Luigi Figini e Gino Pollini negli stessi mesi, ove quelle ‘élites cittadine’, che frequentavano la galleria, ‘centro culturale aperto a tutte le più vivaci manifestazioni d’avanguardia, dalla musica all’architettura’, si riunivano di sera ‘in più conviviali raduni’ (Irace 19968, p. 46)” (Baglione, Susani, 180).
Scritto redatto interamente sulla base di:
BAGLIONE, C., SUSANI, E. (a cura di), Pietro Lingeri 1894-1968, con scritti di Avon Annalisa et. al., Milano: Electa, 2004