MONUMENTO AI CADUTI

Viale Peucher, Como, 1930, 1931-1933

Giuseppe Terragni (con A. Terragni)


OPERA

Il concorso per la realizzazione del Monumento ai Caduti in Como era stato bandito nel 1926 a Como.
Luigi Cavadini, in Architettura razionalista nel territorio Comasco (2014) afferma: " La città di Como aveva indetto nel 1926 un concorso per la realizzazione del monumento ai caduti. Il progetto di I grado di Giuseppe Terragni e Pietro Lingeri risulta alla pari con quello di Mario Asnago e Claudio Vender che prevalgono in quello di II grado, senza che si giunga alla realizzazione. Nel 1930, in occasione della visita del duce alla Triennale di Monza, il podestà si impegna ad assegnare l’incarico agli architetti comaschi presenti a Monza (Cereghini, Giussani, Lingeri, Mantero, Terragni) con “l’arredamento nella sartoria moderna”. Giunge quindi inattesa e sgradita a tutti la scelta-imposizione del podestà (suggerita da Marinetti, intervenuto all’inaugurazione della mostra commemorativa di Sant’Elia allestita al Broletto di Como nel 1930) di realizzare come monumento uno schizzo del 1914 di 'torre-faro' per una presunta 'centrale elettrica' di Sant’Elia, il grande architetto futurista comasco. Enrico Prampolini, rappresentante del gruppo futurista, riceve l’incarico "per la traduzione su disegni in scala maggiore, per l’interpretazione della pianta e per il preventivo di massima per il fabbisogno dei marmi'; il suo lavoro si ferma lì" (Cavadini, 52-53).
Nel 1930 quindi, è proprio di Filippo Tommaso Marinetti, l'idea di onorare l'immagine del giovane architetto Antonio Sant'Elia, scomparso in guerra nel 1916, proponendo la ricostruzione del Monumento ai Caduti tramite l'elaborazione di uno Schizzo per centrale elettrica dello stesso Sant'Elia: al pittore Prampolini è affidato l'incarico di trascrivere lo schizzo in progetto. La sua elaborazione, secondo Giuseppe Terragni (affezionato alla sua soluzione proposta nel concorso del 1926), risulta deformata e non onorevole nei confronti del giovane architetto (Zevi, 60).
L'idea di Marinetti non aveva soltanto mosso la critica di Terragni, ma anche di altri personaggi, quali ad esempio Edoardo Persico che affermava: " Non è, infatti, concepibile che un disegno di Sant'Elia per una centrale elettrica, un grattacielo, una stazione d'aeroplani, un hanger e così via, possa servire indifferentemente ad un ricordo per i caduti (Persico, 1930)", in quanto la proposta avanzata da Marinetti e messa a punto da Prampolini sembrava sovvertire lo spirito originario del progetto di Sant'Elia (Ciucci, Triennale di Milano, Centro studi G. Terragni, 359).
"Ad Attilio Terragni viene affidata la direzione dei lavori di costruzione e, una volta defilatosi Prampolini, anche la 'responsabilità artistica del progetto', per il quale è coadiuvato dal fratello Giuseppe. Giuseppe Terragni, inoltre, ottiene l’incarico per 'la sistemazione dell’interno del Sacello e della Cripta e la sistemazione delle adiacenze esterne' (Cavadini, 53-54).
Terragni propone così soluzioni alternative, ma solo quando l'opera sarà realizzata nelle fondazioni in cemento armato, riceverà l'incarico di portarla a termine, ideando il sacello dei Caduti, la cripta e i passaggi interni (Marcianò, 62), mentre per la parte esterna si atterrà al concetto di "non aggiungere o completare con
interpretazioni realizzando invece tutto quanto fosse esattamente definibile e decifrabile dallo schizzo di Sant'Elia (Ciucci, Triennale di Milano, Centro studi G. Terragni, 360).
L'idea di Terragni, in collaborazione con il fratello Attilio, si basa sull'intenzione di non toccare esternamente l'opera di Sant'Elia e di concentrasi sulla composizione e l'articolazione degli spazi interni.
Anche Ada Francesca Marcianò, nella sua pubblicazione, sottolinea come l'attenzione da parte di Terragni, oltre ad onorare il giovane architetto Sant'Elia e quindi puntare su una rappresentazione simbolica che eleva il monumento stesso, si focalizzi sull'organizzazione degli spazi, in una struttura in cemento armato con propria autonoma vitalità (Marcianò, 93).
Inoltre, come ricordato da Novati e Pezzola "Il contesto" nel quale si inserisce il Monumento "è ben diverso da quello del Monumento ai Caduti del 1926 nel centro cittadino. Siamo infatti nella città dello sport, un’area che Terragni conosce benissimo avendoci costruito alcuni anni prima il Novocomum. Se con il Novocomum aveva sperimentato la vista sopraelevata verso la massima profondità prospettica del lago, Terragni ha ben presente il potenziale respiro urbano che offre il tema progettuale. Costruisce una figura che evoca il ricordo di una rampa di lancio missilistica, ma che nel grande basamento contiene una cripta e conferisce a tutto l’insieme una notevole forza monumentale" (Novati, Pezzola, 148).
La struttura del Monumento, costituita da una torre bi-frontale, è realizzata in cemento armato rivestita con possenti blocchi di pietra del Carso (a memoria del luogo dove si era combattuta la guerra), e poggia su un basamento rialzato rispetto al piano della strada, raggiungibile percorrendo la scalinata frontale. Una volta percorsa la scala si raggiungono gli ingressi, dai quali si accede al Sacrario, oppure tramite la scala esterna simmetrica si può raggiungere il lago.
Per le scale esterne Terragni aveva scelto come sasso il granito di Montorfano, mentre per gli speroni laterali la pietra calcare di Reppen.
"Alla compattezza formale degli esterni, Terragni contrappone l'articolazione degli interni - il sacello ai caduti, la cripta, i passaggi, oltre alle scale e all'ascensore - contraddistinta dallo stesso purismo geometrico dei suoi progetti di tombe" (Ciucci, Triennale di Milano, Centro studi G. Terragni, 362; Coppa, 43) e dimostra "una piena capacità espressiva, elaborando una mobilità degli spazi che preannuncia il Danteum del 1938, una fra le sue ipotesi architettoniche più affascinanti" (Cavadini, 55).
Sulla superficie esterna del Monumento alto 33 metri, è possibile leggere due importanti iscrizioni, così come riportato da Ciucci: "Due iscrizioni sull'esterno completavano l'opera, verso Como, sopra l'ingresso si legge: "LA CITTÀ ESALTA CON LE PIETRE DEL CARSO LA GLORIA DEI SUOI FIGLI 1915 1918". Verso il lago, vi sono le ultime parole, forse apocrife ma pur sempre commoventi (alcuni dicono scritte da Marinetti), di Sant'Elia: "QUESTA NOTTE DORMIREMO A TRIESTE O IN PARADISO FRA GLI EROI" (Ciucci, Triennale di Milano, Centro studi G. Terragni, 363).
All'interno del Monumento due scale ovoidali, poste rispettivamente in corrispondenza dei due elementi della torre, conducono alle terrazze sulla sommità. All'interno, al centro del Monumento, un monolite di granito nero di Alzo, rivestito di diorite, riporta i nomi dei 750 Caduti.
Sempre Novati e Pezzola scrivono: "La pianta della cripta bi-absidata è un elemento che sembra preso a prestito dal livello archeologico della città storica e traslato in questa nuova parte urbana. Come se Terragni
volesse conferire a questo nuovo oggetto il carattere di un’astronave pronta a decollare per 'un’odissea spaziale' e insieme offrirle un ancoraggio a terra: la sua città. Tutti i monumenti ideati da Terragni sono percorribili: anche in questo caso dalla zona della cripta si sale in un percorso ascensionale fino alla terrazza belvedere, dove si sintetizza il rapporto del monumento con l’intorno, tra il lago e la convalle" (Novati, Pezzola, 148-149).
Il monumento venne ultimato dopo tre anni di lavoro e inaugurato il 4 novembre 1933.

Scritto redatto sulla base di:

  • CAVADINI, Luigi, Architettura Razionalista nel territorio comasco, Provincia di Como, 2004
  • CIUCCI, Giorgio (a cura di), Giuseppe Terragni: opera completa, (con Triennale di Milano, Centro studi G. Terragni, Centro internazionale di studi di architettura Andrea Palladio), Milano: Electa, 1996
  • COPPA, Alessandra, TERRAGNI, Attilio per l'Archivio Terragni; fotografie di ROSSELLI Paolo, Giuseppe Terragni, Pero: 24 ore cultura, 2013 (pubblicato anche in inglese con lo stesso titolo)
  • FOSSO, Mario, MANTERO, Enrico, Giuseppe Terragni 1904-1943, Como: Cesare Nani, 1982
  • MARCIANÒ, Ada Francesca, Giuseppe Terragni opera completa 1925-1943, Roma: Officina, 1987
  • NOVATI, Alberto, PEZZOLA, Aurelio, Il mutevole permanere dell'antico: Giuseppe Terragni e gli architetti del Razionalismo Comasco, con testi di TORRICELLI Angelo et al., cura dei testi e bibliografia MONTORFANO Giancarlo, prefazione di PONTIGGIA Elena, Boves: Araba Fenice, 2012
  • NOVATI Alberto, PEZZOLA Aurelio, Como 1920-1940: paesaggi della città razionalista: Giuseppe Terragni e i razionalisti
  • ZEVI, Bruno (a cura di), Giuseppe Terragni, Bologna: Zanichelli, 1980

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