MUSEO VIRTUALE ASTRATTISMO E ARCHITETTURA RAZIONALISTA COMO

PROGETTO DI CONCORSO DI PRIMO GRADO PER IL PALAZZO DEL LITTORIO A ROMA, PROGETTI A E B

Giuseppe Terragni (con A. Carminati, P. Lingeri, E. Saliva, L. Vietti; pittori M. Nizzoli e M. Sironi; consulenza statica I. Bertolini, ammesso al II grado)

Opera

Il Concorso indetto nel 1934 per la Sede del Partito Fascista o Palazzo del Littorio, e il suo secondo grado del 1937, sono rappresentativi degli anni in cui Mussolini cerca di ridefinire il quadro ideologico del fascismo italiano e allo stesso tempo ricerca “un’arte” in grado di poter rappresentare la sua grandezza e la stabilità politica raggiunta (Ciucci, Triennale di Milano, Centro studi G. Terragni, 437; Rassegna 11, 60).
Il Palazzo del Littorio doveva sorgere in un’area “antica” di forma triangolare, compresa tra il Colosseo, i fori romani, i fori di Augusto e Traiano e la Basilica di Massenzio, posta proprio di fronte all’area di progetto, in quanto Mussolini intendeva porre il regime fascista in ideale continuità con l’impero romano. I progetti presentati in primo grado erano più di 100 e il gruppo Carminati, Lingeri, Saliva, Vietti e Terragni, insieme ai pittori Nizzoli e Sironi, presentò due soluzioni, che partendo dallo stesso studio dell’area, restituivano due diversi approcci progettuali, il progetto A e il progetto B. Il progetto A era principalmente condotto e seguito da Vietti, mentre il secondo, il progetto B, era condotto da Terragni; i due progetti erano stati realizzati in studi diversi e cercavano entrambi di presentare, attraverso un linguaggio nuovo, il rapporto tra antico e moderno (Ciucci, Triennale di Milano, Centro studi G. Terragni, 438; Rassegna 11, 60; Marcianò, 139).
Tutti gli architetti partecipanti sentivano questo concorso come una grande occasione per farsi conoscere, indecisi se adottare uno stile classico in rispetto delle rovine o se invece il movimento moderno potesse rappresentare la nuova epoca dell’Italia fasciata; Pagano invece, fu l’unico che si rifiutò di partecipare, ritenendo che non fosse possibile costruire su un’area di così alto valore storico.
Il bando di concorso, redatto da Brasini e Piacentini (che ne avevano definito a livello urbanistico l’impianto), elencava le funzioni che si sarebbero dovute insediare nell’area: una sala espositiva dedicata alla Mostra della rivoluzione fascista, la sede del partito, una torre campanaria, una torre fascista e la casa di Mussolini. Nel 1933 il Bando fu pubblicato sulla rivista Architettura e richiedeva, in più rispetto al programma di Brasini e Piacentini, tre sale riunioni, da 1000, 500 e 200 posti e abbandonava l’idea della casa di Mussolini, il tutto in armonia con l’area circostante (Ciucci, Triennale di Milano, Centro studi G. Terragni, 439).
Il progetto A. Il progetto A, diretto principalmente da Vietti, si allineava con il foro d Augusto e assieme alla Basilica di Massenzio, creava un cono ottico che inquadrava il Colosseo, così come richiesto da bando. La facciata posta di fronte alla Basilica aveva la stessa altezza della Basilica e si presentava come una parete ricurva a creare un piazza antistante che doveva servire come teatro all’aperto. La facciata ricurva era costituita da porfido rosso a pietra tagliata (richiamo dell’antico della Basilica) ed era sollevato da terra tramite due travature di acciaio poste su quattro pilastri in granito. Il rivestimento in pietra era applicato su una lastra di ferro galvanizzato e la superficie era segnata da linee che rappresentavano le sollecitazioni di tensione e compressione del muro sospeso, con al centro un taglio verticale da cui emergeva il podio che sarebbe servito a Mussolini per parlare alla folla (Ciucci, Triennale di Milano, Centro studi G. Terragni, 440; Rassegna 11, 60; Marcianò, 139).
Anche Zevi descrive così l’impianto del progetto A: “Di fronte alla Basilica di Massenzio, un’enorme massa di porfido rosso, lunga 80 metri, è tagliata dal podio del Duce. II palazzo, sorretto da soli quattro pilastri in granito armato, forma con la Basilica un cono visuale la cui bisettrice è la via dell’Impero con lo sfondo del Colosseo. L’arengario è ubicato a lato, al centro di un piazzale. Facciata incurvata e sacrario esibiscono la loro struttura a conci collegati da bandoni di ferro puro che lavorano a tensione; lo studio delle linee isostatiche ne determina i profili. Eloquente, schietta, paradossale scenografia per la retorica del regime mussoliniano, quasi una maschera che ne nasconde la vacuità” (Zevi, 104; Marcianò, 139).
In una lettera scritta da Terragni intitolata “Lettere agli amici espositori al concorso nazionale del Littorio” del 1934, egli descrive il progetto per punti: “Il progetto A si è concentrato con idee maturate attraverso un’elaborazione durata 5 mesi. Particolarmente e tipicamente collettive sono le idee: 1) Allineamento sull’asse del Foro Traiano; 2) Corpi staccati secondo le varie funzioni degli edifici richiesti dal bando, preponderanza del fattore Mostra della Rivoluzione e Sacrario (in omaggio ad un concerto lombardo di predominio spirituale che ha presieduto alla creazione della Mostra attuale) in confronto della intonazione del bando di concorso che dà particolare importanza al Palazzo Littorio quale sede del Partito; 3) Parete chiusa sulla via dell’Impero; 4) Stacco da terra del blocco della Mostra e conseguente originale struttura; 5) Scala monumentale incassata tra muri con la luce dall’alto; 6) Parete curva sulla via dell’Impero, senza finestre, con balcone del Duce; 7) Arengario riprendente la storica forme della mostra; 8) Sacrario rotondo staccato voltimetricamente dalla Mostra ed affondato fino al suolo di Roma imperiale; 9) Riunione della Stanza del Duce all’edificio della Mostra per affinità spirituali dei due temi; 10) Abbinamento in elevazione delle due sale di riunione dei 1.000 e dei 500; 11) Concetto generale di riprendere con forme pure (rettangolari e rotonde) l’andamento urbanistico della zona documentato dalla tavola 1:1000 appositamente predisposta; 12) Il concetto di accentrare su un progetto le maggiori caratteristiche di un ambientamento intelligente e moderatamente interpretato, lasciando ad altro progetto il compito di stabilire il più alto grado di modernità che era possibile dalla riunione dei nostri sforzi e delle nostre idee” (Fosso, Mantero, 114-115).
Il progetto B. Nel progetto B, diretto principalmente da Terragni, l’impianto appare riprendere il concetto dei fori imperiali romani, come insieme di tessuti e di edifici e non come un monumento unico. L’edificio progettato affaccia su via dell’Impero (aperta nel 1932 come asse che doveva collegare il Colosseo, massimo monumento della romanità, a Piazza Venezia e al centro della città di Roma) senza creare nessun dialogo particolare con l’assetto della Basilica di Massenzio e delle preesistenze. La facciata principale era più bassa di quella della Basilica, mentre l’edificio contenente la sala delle esposizioni, contrariamente a quanto richiesto dal bando, superava l’altezza della Basilica stessa. “Il rapporto con il contesto è affidato al legame fra volumi e spazi antichi e volumi spazi nuovi realizzato attraverso la geometria e le proporzioni” (Ciucci, Triennale di Milano, Centro studi G. Terragni, 441; Rassegna 64) e in particolare attraverso la proporzione aurea che domina e costruisce l’intero complesso.
“Alternativa di timbro assai meno declamatorio. Un ‘piano d’appoggio’ di limitata estensione, piazza coperta dall’audace sbalzo (24 metri) del primo piano. Fronte – muro della lunghezza di 230 metri e dell’altezza di 8,50, sorretto da sette mensoloni collegati alla struttura portante. Ortogonalmente, spicca il blocco della mostra della Rivoluzione Fascista, involucrata da doppie pareti di cristallo armato, e chiusa da setti di granito. Malgrado il tema celebrativo, l’organismo è articolato in volumi funzionali ben distinti, anzi decisamente dissonanti. Scomparsa la maschera monumentale della soluzione A, si elimina l’enfasi gerarchica e il suo volto massiccio, per riportare il discorso ad una chiara ed incisiva impostazione razionale” (Zevi, 107).
Nella pubblicazione della Marcianò, il progetto viene così descritto: “]…] impiego sapiente e corretto dell’asimmetria, della dissonanza, delle funzioni elencate e ricomposte, dell’antiprospetticità. Una vasta ‘spianata’, attrezzata con rampe per il traffico veicolare, coperta da un audace sbalzo orizzontale di 24 m, con un fronte-muro sorretto mensoloni lungo 280 m, un piano terreno limitato, “d’appoggio”, destinato ai flussi della circolazione, un parallelepipedo completamente trasparente, di cristallo, sede della Mostra, che si interseca ortogonalmente, uffici rappresentativi aperti a tutt’altezza (di cui, quello del gerarca a tre piani sfondati ed incrociati da aggetti, passerelle, percorsi in quota), un cilindro di granito lucido sospeso per il sacrario, gli ambienti ovoidi delle assemblee da 500 e 1.000 persone, incastrati e sovrapposti nel blocco dell’edificio e, sul retro, una sequenza di corpi alti disposti obliquamente per gli uffici articolano da dentro un organismo che contiene senza celare, fondendo i due temi della Mostra della rivoluzione e della sede del partito in una composizione serratissima e manifesta di spazi circostanziati da luminosità graduate e differenziate” (Marcianò, 141).
I progetti presentati al concorso, così come altri progetti romani redatti da Terragni, rappresentano la ricerca di nuove forme per nuovi tipi architettonici, che il Gruppo 7 dalla sua fondazione aveva avviato, attraverso l’uso di grandi masse vetrate che li accomunano, a simboleggiare la trasparenza del governo fascista (Ciucci, Triennale di Milano, Centro studi G. Terragni, 442).

Scritto redatto sulla base di:

BAGLIONE, C., SUSANI, E. (a cura di), Pietro Lingeri 1894-1968, con scritti di Avon Annalisa et. al., Milano: Electa, 2004
CIUCCI, Giorgio (a cura di), Giuseppe Terragni: opera completa, (con Triennale di Milano, Centro studi G. Terragni, Centro internazionale di studi di architettura Andrea Palladio), Milano: Electa, 1996
FOSSO, Mario, MANTERO, Enrico, Giuseppe Terragni 1904-1943, Como: Cesare Nani, 1982
MARCIANÒ, Ada Francesca, Giuseppe Terragni opera completa 1925-1943, Roma: Officina, 1987
ZEVI, Bruno (a cura di), Giuseppe Terragni, Bologna: Zanichelli, 1980
Pietro Lingeri, 1894-1968: la figura e l’opera: atti della Giornata di studio: Triennale di Milano, lunedì 28 novembre 1994, Milano: Arti grafiche G.M.C., 2005     
Rassegna, IV, n°11, settembre 1982

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