Opera
Villa Bianca viene realizzata da Terragni per il cugino Angelo tra il 1936 e il 1937 a Seveso, prendendo il nome della moglie del committente.
Qui Terragni ha molta libertà progettuale: elabora così una grande quantità di schizzi e di progetti per studiare questo tipo di casa unifamiliare, in continuità con la ricerca iniziata con la Villa sul lago e la Villa del floricultore (Coppa, 64).
Se in queste opere però il principio era quello di “aggredire” il volume per dissolverlo e evidenziare il “dietro della facciata”, qui il processo viene completamente capovolto (Zevi, 132; Marcianò, 175). Terragni non risucchia più l’esterno all’interno del volume tramite piani cristallini, ma è il parallelepipedo stesso che cerca di attuare il movimento inverso, con uno scatto dall’interno verso il paesaggio circostante.
L’idea di volume compatto e simmetrico che prevale nei suoi primi progetti si dissolve lentamente, lasciando posto ad un’articolazione asimmetrica ma armonica dei corpi aggettanti.
Il volume viene sollevato da terra e parla allo spazio esterno circostante: “asimmetria, dissonanze, tridimensionalità antiprospettica, scomposizione quadrimensionale sono le invarianti linguistiche che sfociano in una poetica spazio – temporale inedita” (Zevi, 132).
L’edificio è tripartito: “in basso la piattaforma, il corpo incorniciato aggettante, anzi quasi sfilato dal volume, e la scala; in mezzo l’ardito balcone, le finestre a nastro appena sporgenti e i ritagli parietali; in alto lo sventagliare di liberi setti orizzontali nel cielo” (Zevi, 132) che evidenziano la necessità del “superfluo”, se questo assume una rilevanza spazio – funzionale (in questo caso di tettoia) (Marcianò, 175).
Ogni facciata si diversifica dalle altre: il piano interrato, occupato dall’alloggio di servizio, sui lati sud ed est affaccia direttamente sull’esterno con finestre a nastro, mentre sulla facciata principale, una rampa conduce al piano rialzato dell’ingresso e un’impronta circolare scava il piano del giardino sottolineando l’aggetto del soggiorno (Coppa, 65). Una casa che sorge dal suolo e si libra nel cielo (Marcianò, 175).
In un articolo apparso su Casabella Costruzioni del dicembre 1940 di Pagano, dedicato alle “ville moderne”, si parla di un gioco di chiaroscuri in facciata ben riuscito, che afferma il valore dell’opera d’arte, delineata entro la chiara figura del parallelepipedo fatto di ombre scure, piani espressivi, asimmetrie e trasparenze (Fosso, Mantero, 125; Marcianò, 175; Ciucci, Triennale di Milano, Centro studi G. Terragni, 503).
La villa presenta una struttura in cemento armato, anche per le strutture verticali, ed è intonacata e rivestita con elementi in pietra beola grigia, disposti a corsi paralleli; le finestre, in ferro verniciato grigio così come le ringhiere, sono contornate di marmo bianco (Coppa, 65; Fossa, Mantero, 125).
Villa Bianca a Seveso resta, tra le opere redatte dall’architetto Terragni, un esempio di grande modernità.
Scritto redatto sulla base di:
CIUCCI, Giorgio (a cura di), Giuseppe Terragni: opera completa, (con Triennale di Milano, Centro studi G. Terragni, Centro internazionale di studi di architettura Andrea Palladio), Milano: Electa, 1996
COPPA, Alessandra, TERRAGNI, Attilio per l’Archivio Terragni; fotografie di ROSSELLI Paolo, Giuseppe Terragni, Pero: 24 ore cultura, 2013 (pubblicato anche in inglese con lo stesso titolo)
FOSSO, Mario, MANTERO, Enrico, Giuseppe Terragni 1904-1943, Como: Cesare Nani, 1982
MARCIANÒ, Ada Francesca, Giuseppe Terragni opera completa 1925-1943, Roma: Officina, 1987
NOVATI Alberto, PEZZOLA Aurelio, Como 1920-1940: paesaggi della città razionalista: Giuseppe Terragni e i razionalisti comaschi, foto di COLOSIO Giovanni, Rudiano: GAM Editrice, 2014 – Testo anche in inglese – Pubblicato in occasione della mostra 6 settembre-28 settembre 2014, Como
ZEVI, Bruno (a cura di), Giuseppe Terragni, Bologna: Zanichelli, 1980